giovedì 19 maggio 2016

Abbandonino i Palazzi, indossino il talare!


Dopo l'approvazione del ddl Cirinnà, nato monco e saccheggiato durante il percorso legislativo, molti sindaci, soprattutto leghisti, hanno dichiarato di non avere intenzione di celebrare le unioni civili, invocando il diritto all'obiezione di coscienza.  Questa forma di rifiuto che capillarmente si sta diffondendo in Italia merita di essere analizzata e sottoposta a una disamina.


Innanzitutto, che cos'è l'obiezione di coscienza e quando essa può essere considerata legittima? Secondo la definizione classica, l'obiezione di coscienza è "il rifiuto di sottostare a una norma dell'ordinamento giuridico, ritenuta ingiusta, perché in contrasto inconciliabile con un'altra legge fondamentale della vita umana" (fonte: Treccani).  E' evidente che questa definizione sia troppo generica e lasci spazio ad una serie di interrogativi: come è possibile verificare che esista un'idiosincrasia tra la legge positiva e "la legge fondamentale della vita umana"? Che cos'è quest'ultima? E' fondato credere nella sua esistenza?

La prima forma di obiezione esercitata dai cittadini è stata quella relativa al servizio di leva obbligatorio. Il filosofo Bertrand Russell fu uno dei primi a muovere questa obiezione, rifiutando di partecipare militarmente alla Grande Guerra. In Italia esistono tre forme di obiezione: quella relativa al servizio militare, quella di tipo sanitario, "che esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie [quando sollevi obiezione con preventiva dichiarazione] dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione di gravidanza", e quella che ha a che fare con la sperimentazione animale.

In tutti e tre i casi, l'obiezione di coscienza è ritenuta valida a livello giuridico non perché l'atto verso cui si esercita il rifiuto è considerato immorale dalla persona, ma poiché quest'ultima ritiene che l'attuazione della legge danneggi fisicamente un terzo (il militare nemico, il bambino, l'animale).

In relazione all'interruzione della gravidanza, credo sia irrazionale equiparare l'aborto con l'omicidio e ritengo sia scorretto da parte dei pro-life sostenere che, siccome il feto è in potenza un bambino, interrompere la gravidanza equivalga ad uccidere l'infante. Così come è ridicolo rinchiudere in carcere un musulmano, perché in potenza potrebbe farsi saltare in aria, così come è pregiudizievole impedire al Papa di esprimersi, perché in potenza (la probabilità è molto alta!) potrebbe dire una cazzata, è ingiusto definire l'aborto omicidio. Dunque ritengo che l'obiezione di coscienza, in questo particolare caso, vada abolita.

Se una persona potesse appellarsi all'obiezione di coscienza per tutto ciò che ritiene immorale, allora bisognerebbe accettare che un sindaco razzista (ce ne sono molti in giro!) non celebri l'unione tra persone di diversa etnia o che un giudice si rifiuti di attuare la Legge, poiché non è aderente alla sua morale. Perciò è necessario ritenere valida l'obiezione di coscienza solo e soltanto quando l'applicazione di una legge è ritenuta dannosa nei confronti di un terzo che si considera in coscienza non meritevole di violenza.

Ritornando alle unioni civili, quale sarebbe il soggetto terzo che l'applicazione della legge Cirinnà lederebbe? Il sindaco chiamato a rispettare la legge in questione dovrebbe solamente iscrivere la coppia omosessuale al registro delle unioni, nient'altro. Le persone che si recheranno in comune sono ovviamente consenzienti e dunque quel riconoscimento non danneggerebbe materialmente nessuno.

Alla luce di ciò, tutti i sindaci che si rifiuteranno di celebrare le unioni tra persone dello stesso sesso, esercitando in modo illegittimo l'obiezione di coscienza, sono dei criminali, poiché rifiutano di rispettare la Legge.

Se non condividono quanto è sancito dal nostro ordinamento giuridico, devono dimettersi, perché non possono più rappresentare lo Stato, in quanto non accettano le sue decisioni. Abbandonino i Palazzi dunque e facciano campagna, se lo ritengono opportuno, per abrogare questa legge da cittadini liberi e non da rappresentanti di un organismo che contestano.

Abbandonino i Palazzi, indossino il talare!

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